La correttezza del primo a volta è velata da un eccesso di zucchero nella bibita che ci offre. Figurarsi ieri sera che Zucchero c’era di persona in trasmissione… Meglio il pepe della Littizzetto.
L’onestà intellettuale del presidente del Consiglio è fuori discussione. Lo dico in modo partigiano, tanto per evitare piagnistei. Meglio lui del cavaliere, se la piazza offre questo. Però anche Prodi ha avuto qualche uscita molto poco felice.
Ad esempio quella sulla «ragion di Stato» a proposito della visita del Dalai Lama e dei rapporti con la Cina.
Caro Prodi, sono cose che si pensano ma non si dicono. Non è apprezzabile la sincerità, in questi casi. La diplomazia chiama diplomazia. Invocare la «ragion di Stato» quando le ragioni morali sono ben superiori, non è un’uscita particolarmente brillante.
Poi la vicende di quel treno fermo per dodici ore. «Ohi, uno era fermo ma ne correvano altri mille…» ha detto all’incirca Prodi. Beh, e se ci scappava un morto assiderato?
Ultimo appunto. Quando ha detto giustamente che democrazia è controllo di tutti i cittadini su qualsiasi fatto, anche sulla cultura…
Forse Prodi non è molto al corrente. Un recente episodio, quello della Dante Alighieri di Firenze. L’ho ricordato qui l’8 dicembre. Parole del prof. Emilio Pasquini: «Una cordata di politici e di presunti studiosi mi ha defenestrato con un colpo di mano per nominare un nuovo consiglio direttivo ed un nuovo presidente» (il vecchio era Pasquini).
Se passa dalle mie parti, caro presidente, e va magari alla Fiera di Rimini transitando davanti a casa mia, le offro un caffè casalingo e facciamo due chiacchiere sul tema, l’unico che conosco, il condizionamento politico-affaristico della cultura.
Magari lei mi spiega che cosa succede nelle università. Per verificare se è vero quanto si legge e si ascolta. Una botta di democrazia, insomma, due chiacchiere informali ma non troppo. Dopo le riporto qui, la avviso in anticipo…
Forse è un problema di coscienza ben più serio di quelli che affliggono la senatrice Binetti per le unioni di fatto o le norme cosiddette «antiomofobia» quando se ne parla in àmbito politico.
Luciana Littizzetto mi rivolgo a lei: ponga questa domanda a «eminence».