Poltiglia e furbizie

Chiti_3 Onorevole Vannino Chiti, lei ha promesso di far cancellare la cosiddetta norma «anti-omofobia» nel decreto legge sulla sicurezza, perché «fa riferimento al Trattato di Amsterdam in un modo che si presta ad equivoci».
Il Trattato di Amsterdam all’articolo 13 rende gli Stati liberi di «prendere provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni sul sesso, la razza o l’origine etnica, le religioni o le tendenze sessuali».
Quella norma non è «anti-omofobia», è contro le discriminazioni di qualsiasi tipo che esistono (eccome) nel tessuto sociale di molte regioni italiane, così come una volta si potevano leggere cartelli tipo «Non si affitta a meridionali».

Quella norma c’è pero già nella nostra Costituzione, art. 3, primo comma. Ma nessuno se ne ricorda: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Dunque ci dobbiamo aspettare un prossimo passo di tipo costituzionale, con la revisione di quell’articolo e di quel comma?

Suvvia, signori del Parlamento, non riduciamo i discorsi seri a motivi di bagarre elettorale, anzi pre-elettorale. Si vuol far cadere il governo Prodi, si vuole una nuova convocazione alle urne, ci si adopera nel progetto del grande centro nella speranza che i portavoce dell’integralismo riescano ad imporre un governo “moderato” senza Berlusconi.
Va bene, è più che lecito, legittimo, quasi ovvio, forse inevitabile, anzi sicuramente certo, etc.
Ma per favore non spacciate per norma «anti-omofobia» una regola di civiltà che riguarda tutti i comportamenti.

Ma poi, vorrei sapere, che cos’è tutta questa fobia dell’anti-fobia? Non ci sono più gli psicanalisti di una volta, a spiegarcelo…
Binetti01g A proposito. La senatrice Paola Binetti, ha parlato addirittura di uno strangolamento delle coscienze tramite quella norma. Inquietante.

L’«Avvenire» di stamani è stata sincera ma altrettanto allarmante (per sua ammissione): «Il primo allarme scaturisce dal tentativo pervicacemente condotto di equiparare le tendenze sessuali alle differenze naturali, ad esempio di sesso e di etnia, elevando le prime ad una ‘qualità’ antropologica che non hanno e non possono avere, e ciò nell’interesse di tutti, in primo luogo delle persone omosessuali. C’è qui una sorta di ‘fissazione’ in base alla quale la personalità di ciascuno sarebbe determinata non solo e non tanto da quello che egli «è», ma piuttosto dalle pulsioni sessuali che eventualmente decide di assecondare. S’insiste sulla presunta necessità di porre un freno all’«omofobia», ma si arriva a sospettare persino della difesa del matrimonio monogamico quasi che fosse in se stesso un delitto di lesa maestà».
(Articolo esemplare per impostazione e svolgimento: si parte da un episodio particolare e si ipotizza una catastrofe generale della morale… come all’epoca della legge su divorzio.)

 

Condivido quanto scritto stamani sulla «Stampa» da Franco Garelli: «La vera sfida che attende anche i politici credenti è quella del pluralismo, della capacità di affermare e di “concretizzare” i grandi valori in un contesto in cui si vivono condizioni e orientamenti diversi, ove più nulla è dato per scontato. Ogni area culturale è chiamata a dare il proprio contributo progettuale per arricchire e dar risposte alle diverse situazioni e promuovere più larghe convergenze».

 

Senza pluralismo non c’è democrazia. E se non c’è democrazia né Chiesa né religione possono dignitosamente agire senza compromessi.

 

Il sociologo prof. Giuseppe De Rita nel consueto rapporto del Censis (creando ogni anno una formula efficace per fare il ritratto dell’Italia), ha presentato per il 2007 l’immagine della «poltiglia».
Dario Di Vico sul «Corriere della Sera», al proposito ha parlato di una società politica a cui mancano i contenuti e che attinge ai manuali di marketing.
Sullo stesso giornale, a proposito del caso-Forleo, Piero Ostellino ha scritto che in Italia il potere è detenuto dalla banche e che il magistrato in questione non ha usato «le cautele, le furbizie e le opportune ambiguità della politica».

Mi sembra che il caso della norma che lei on. Chiti ha promesso di cancellare, rientri in questo quadro deprimente della poltiglia, della politica che attinge ai manuali di marketing, e che si caratterizza per «le cautele, le furbizie e le opportune ambiguità» di cui ha scritto Ostellino.
Pensi ad una città che lei ben conosce, Firenze, ed a che cosa è successo alla Società Dante Alighieri. Glielo spiega il prof. Emilio Pasquini: «Una cordata di politici e di presunti studiosi mi ha defenestrato con un colpo di mano per nominare un nuovo consiglio direttivo ed un nuovo presidente» (il vecchio era ovviamente lui).

Il prof. Pasquini ha spiegato il problema apertis verbis non essendo un politico.
Noi ne ricaviamo l’amara constatazione che nemmeno padre Dante ed i suoi studiosi sono lasciati in pace da queste cordate di uomini appartenenti ai partiti e che sponsorizzano «presunti studiosi».
Ostellino ha citato una frase di Hobbes: «Auctoritas, non veritas, facit legem».

Che la denuncia di questi vezzi e vizi provenga dalla colonne del maggior quotidiano conservatore del nostro Paese, la dice lunga sull’imbarbarimento in cui siamo stati ridotti, immersi in quella «poltiglia» che la decenza ci impedisce di chiamare con il suo vero nome, uscendo dal seminato scientifico del Censis ed entrando nell’umile linguaggio che anche Dante usa: Inferno, XVIII, 116. Trovare per leggere…

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Poltiglia e furbizieultima modifica: 2007-12-08T19:08:04+01:00da rimino
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