inGiustizia

Togheblog Ieri sera da Santoro ed oggi da Augias è stato ospite Bruno Tinti, un magistrato che lavora a Torino e che ha scritto un libro inquietante, le «Toghe rotte», sulla crisi della giustizia italiana, riassumibile con una sua battuta: «Siamo falliti da una vita però non se ne è accorto nessuno».

Scrisse Ugo Foscolo versi famosi: «Dal di che nozze e tribunali ed are diero alle umane belve esser pietose…». Per dire che la giustizia è uno di tre elementi fondanti della civiltà.
Se essa viene a mancare, stando alle parole del magistrato Tinti, poveri noi.
Credo che Tinti abbia ragione, ma credo soprattutto che ci aspetti un triste futuro se non sappiamo ricostituire un tessuto civile degno di una società matura, e fatto di giustizia giusta.
In questo tessuto il render ragione a chi ha subito torti e il far pagare il peso delle colpe a chi ha commesso reati, è un fatto fondamentale. Forse il primo elemento della vita comune.

Se l’arroganza e la prevaricazione trasformano gruppi privilegiati in gruppi impuniti, non c’è speranza che la nostra società possa procedere verso una «compiuta democrazia» (definizione che sento ripetere da quasi quarant’anni).
Se trionfano i don Rodrigo, non siamo messi molto bene. L’ipotesi non è mia. L’ha fatta un magistrato inquirente circa questioni d’attualità che non rievoco per essere breve.

Lo scorso 24 ottobre 2006 pubblicavo questo post, intitolato “Giustizia miope” che ancora è pienamente attuale (scusate l’autocitazione):

«Dovrebbe essere cieca come la fortuna. Ma la Giustizia italiana appare miope. Non vede bene, quando guarda in faccia a qualcuno. Le sfugge il quadro d’assieme, per cui viene a mancare al suo compito.
È tardiva, lenta, incerta, contorta, non è giusta la nostra Giustizia. Riforma e controriforma, leggi vecchie e disposizioni nuove, tutto alimenta il sacrosanto giro autoreferenziale di chi detiene un Potere, e lo esercita non a vantaggio della collettività ma del Potere stesso.
Le due classi nobili della Giustizia, magistrati ed avvocati, si passano la palla, recitano la stessa commedia umana. Il dramma degli imputati che non hanno né soldi né alleanze di potere non interessa a nessuno. Ed allora non chiamiamola Giustizia, ma burocrazia della legge penale.
La Giustizia italiana è un labirinto in cui sopravvive soltanto chi, magistrato o avvocato, conosce le strade per uscire dallo stesso labirinto, ed accompagna chi «può» essere accompagnato. Gli altri sono numeri e non persone.
L’Italia resta pur sempre il Paese degli Azzeccagarbugli, alcuni con la toga da magistrato, altri con quella d’avvocato. Siamo ad uno stadio storico che esisteva prima di Beccaria, prima del 1789, prima del mondo moderno. Siamo in un eterno medioevo. Ahinoi
».

inGiustiziaultima modifica: 2007-10-12T18:58:08+02:00da rimino
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2 pensieri su “inGiustizia

  1. Ci sono anche tanti avvocati che si spaccano la schiena a lavorare negli studi per guadagnare 4 soldi e sbarcare il lunario dopo tanti anni sui libri per studiare diritto privato, diritto penale,procedura civile-penale..ecc.

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